Anne Sexton, il calice del rinnovamento.
di Gisella Blanco
Il rovesciamento del senso comune.
Le fiabe di Anne Sexton (Trasformazioni, a cura di Rosaria Lo Russo per La nave di Teseo) sono la riscrittura attualissima della favolistica classica in chiave contemporanea, se si considera il contemporaneo come un tempo che si auto-decontestualizza attraverso lo straniamento etico riprodotto nel linguaggio in modo quasi automatizzato, ma non ancora disumanizzato.
I prologhi ricorrenti, utilizzati da Sexton in esergo alle storie, innestano la peculiarità nella genericità, la soggettività autoriale – ma si può estendere il concetto anche a quella del lettore – nella prescrizione destinale di ogni narrazione, come se fosse l’esperienza privata – non meno scenografica di quella d’invenzione – a segnare le linee guida delle vicende e degli atteggiamenti dei personaggi immaginati – ma non, a ben vedere, immaginari.
Ripercorrere le tappe del mito o delle favole appare come un processo di demistificazione sociale, non della narrazione di fatti ed eventi, bensì dei funzionamenti interni, segreti, psicoanalizzabili secondo canoni che, lungi dall’omologare, lasciano che un senso onanistico di piacere innervi la sub patologia dei nostri tempi (che da quelli di Anne sono cambiati – considerando anche le necessarie differenze antropologico-geografiche, ma non così tanto).
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