La ‘protagonista’ in Luigi Pirandello secondo gli studi di Rosaria Lo Russo
Lidia Popolano
Rossocorpolingua, 2 giugno 2024
L’analisi
Se è vero che la parola, in base al principio dialogico, prima di essere parola sull’oggetto, entra in dialogo con le altre, Rosaria Lo Russo nel saggio La protagonista di Pirandello — il più recente tra i saggi sull’opera e sull’autore stesso — ha assunto una prospettiva critica complessiva e ha dialogato con le parole passate e future sullo poetica di Luigi Pirandello: sia con quelle dello stesso autore, che con le parole della particolarmente copiosa critica, e naturalmente con gli esiti dei suoi precedenti e pluridecennali studi.
Per lo scrittore agrigentino, la propria opera è frutto del dialogo riflessivo del sé come autore e critico. Nel primo capitolo del saggio citato: Scrittura, drammaturgia e mitopoiesi, Lo Russo cita al riguardo proprio Pirandello: «è una specie di proiezione della stessa attività fantastica: nasce dal fantasma, come l’ombra dal corpo» 1.
Nella creazione riflessiva del ‘critico fantastico’, secondo Umberto Artioli 2, il riflettere è inteso «nel significato del ‘cogitare’ e del produrre parvenze»— dunque quale operazione della mente —, ma anche della produzione di ombre vaghe o apparenze, e, non ultimo a mio parere, nel senso dell’esprimere opinioni. E prosegue la saggista, nello stesso capitolo:
… il critico fantastico, perfettamente padrone dei propri mezzi retorico-espressivi, di fatto non disgiunge mai la creazione artistica dalla riflessione critica; vengono riproposte situazioni identiche perché esse sono ricostruite su moduli costanti, dai quali può derivare una novella, una poesia, un romanzo, un dramma 3.
Il tema è centrale nella poetica dello scrittore ed è anche modello formale di indagine critica per la saggista. In particolare, nella narrativa la riflessione critica connessa alla creazione porta a una serie di sdoppiamenti e raddoppiamenti del personaggio, il quale non riesce a ricomporre il suo ‘io’ frammentato, ma, al contrario, consolida un’inconsistenza individuale, un inarrestabile sbriciolamento, ‘matrice’ 4 ossessiva della molteplicità dell’essere. Tutto si riassume nella dialettica del ‘non conclude’ 5.
Le strategie letterarie con cui Pirandello ottiene l’effetto della molteplicità, spiega Lo Russo, risiedono nella sintassi incalzante, nella frequenza dei monologhi interiori o del discorso indiretto libero, e, soprattutto, nel presentarsi dell’autore quale personaggio tra i personaggi, dirigendoli in un gioco di scatole cinesi e prestando loro qualche tratto autobiografico, in modo da inscenare attraverso la frantumazione della propria biografia, la ricerca della conoscenza di sé. Ciò significa che lo stile di scrittura ‘riflette’ anche la tecnica di indagine interiore dello scrittore stesso.
La congiunzione del tema della riflessione con quello del riflettere è attuata mediante il procedimento della ‘mise en abyme’ 6, un procedimento seriale e metonimico di figure di sdoppiamento e raddoppiamento dell’io, che risulta come legge interna dominante, sia nella scrittura che nella drammaturgia pirandelliane. Tale meccanismo si può innescare, analizza Lo Russo, mediante il nome del personaggio, in un suo tratto pertinente o in un aspetto scenografico, ma anche in un’idea registica o in un costume di scena, quali matrici originarie dell’allegoresi posta dall’autore al centro di quella testualità, a prescindere dal genere letterario utilizzato 7. Gli elementi allegorici scatenanti l’intreccio hanno così uno statuto conoscitivo per il lettore, ma anche per i personaggi, per gli interpreti e per lo stesso autore.
Nella scrittura testuale, come nella sceneggiatura, Rosaria Lo Russo individua e analizza inoltre i ‘mitologemi’ — ossia quegli elementi unitari e riconoscibili solo attraverso un approccio complessivo a tutta l’opera — sottostanti e specifici per ciascuna trama, ma riorganizzati nelle varie opere in modo da mantenere nella loro essenza lo stesso racconto primordiale. Così, l’impalcatura di tutta l’opera si trova, in parte, nella rivisitazione di temi mitologici tradizionali, ma anche, nell’invenzione di nuove allegorie, caratterizzandosi per uno spiccato polimorfismo e per un approccio interdisciplinare che necessita di una vera e propria esegesi.
In Luigi Pirandello, dunque, la narrativa, più letteralmente, e la drammaturgia, più allegoricamente, sono fondate sui miti che sottostanno alla nostra vita e alle nostre intenzioni e motivazioni. L’essenza misteriosa della creazione artistica è proprio il ‘mistero della vita’, continuando nella scrittura la fecondità di questa, ma spostandola su di un piano linguistico-espressivo. L’autrice ha esaminato così tutta l’opera pirandelliana, a partire da quella poetica — giovanile e non — passando per la prosastica, fino all’opera drammaturgica, ricostruendo le funzioni mitiche riattivate dall’autore — soprattutto nelle figure femminili — e esemplificate nei personaggi. Attraverso questa dettagliata indagine, l’autrice scardina l’interpretazione critico-psicologica di matrice junghiana e kerényiana – fondate sull’archetipo irriducibile della cosiddetta Grande Madre Terra, ovvero della Natura incarnata nel personaggio della Madre – cara a taluni critici degli anni Ottanta e Novanta, e basata su un apprezzamento aprioristico della tradizione. Al suo posto, propone una chiarificazione delle figure femminili, rivelandone le radici polimorfiche e metamorfiche nei miti greci, e svelandone le strategie testuali negli appena citati artifici onomastici, nell’allegoresi e nella tecnica della mise en abyme.
Il paradigma pirandelliano nasce, dunque, proprio dalla scelta di non tracciare un unico piano di realtà e nella realizzazione di una serie di piani, frutto di metamorfosi per rispecchiamento o per trasformazione evolutiva. In questo modo i personaggi stanno allo spirito come la cellula sta al corpo; contribuiscono al compimento della personalità dell’autore, ma anche, nella prospettiva opposta, fanno in modo che l’autore crei un corpo di immagini immortali che assumono sulla carta una vita fantasmatica, mentre sulla scena prendono vita nel corpo degli interpreti.
Dalla prospettiva della struttura dell’io narrante, possiamo così assistere all’evoluzione del romanzo, dallo stile ottocentesco monologico 8, attraverso il romanzo polifonico dostoevskiano 9, fino all’opera pirandelliana, dove l’io è moltiplicato per successive reduplicazioni, e la bellezza emerge dalla manifestazione dell’Altro nel momento in cui si mostra alla nostra percezione, o risulta da una metamorfosi, senza costituirne però il contenuto tematico. Opposta concezione, questa, a quella medievale di Tommaso d’Aquino, dove la bellezza è data innanzitutto dall’interezza oppure dalla perfezione e armonia della composizione.
Nell’analisi del pensiero pirandelliano, la nascita dalla mente dell’autore di un personaggio femminile destinato alla incarnazione nell’attrice, è per Lo Russo una sorta di ‘partenogenesi’, in cui la natura si serve della fantasia umana per creare un’opera decisamente superiore, non solo perché priva della parte mortale del corpo, ma anche perché, esemplificata e essenziale nella sua coerenza. Il personaggio della madre e il suo dramma nella società borghese per Luigi Pirandello è tutt’altro che monolitico o irriducibile; al contrario è l’occasione per l’autore di mettere — prima in scrittura e poi in scena — i miti legati alla maternità e alla creazione artistica. La madre naturale, secondo la sua concezione, non accede alla dialettica della creazione riflessiva pur potendo emettere delle grida o un pianto straziato, poiché è immobile, ‘esclusa’ dal mito della nascita partenogenetica: è madre per la morte 10. La madre spirituale, l’artista, è invece madre ‘come spirito’, in quanto madre dell’opera immortale, ossia per la vita.
Alla demenza della madre naturale, Pirandello oppone allora la follìa lucida, la ‘mattìa’, che nella sua visione è fonte di liberazione spirituale, e non patologia. Egli vede la madre folle, talvolta in contrapposizione, altre volte come un’evoluzione positiva della madre demente, utilizzando come matrice allegorica la dialettica madre/figliastra, e mettendo ‘en abyme’ l’incomunicabilità tra la corporalità come demenza e lo spirito come follìa liberatrice. La madre carnale conserva dunque per lui lo statuto ontologico del personaggio destinato al melodramma canoro, mentre la figliastra è destinata a divenire protagonista del dramma e della tragedia a lui contemporanei.
Nel secondo capitolo di La protagonista di Pirandello, La Luna, Rosaria Lo Russo entra nel vivo del saggio descrivendo in che modo Pirandello drammatizza il moltiplicamento del sé in diverse tracce tematiche e in vari intrecci, talvolta sostituendo al binomio madre/figliastra, quello di demente/ignota, dove inscena ripetutamente la metamorfosi della individualità, dal personaggio in cui si vorrebbe limitarla, alla donna libera. La matrice mitica della maggior parte delle opere di Pirandello è individuata da Lo Russo nella dea Artemide-Diana con i suoi vari ‘epiteti’, e, soprattutto nella personificazione della Luna crescente, insieme a quella di Selene, la Luna piena, e di Ecate, la Luna calante. La ‘triade’ della Luna ha dunque il potere assoluto, rispettivamente, sulla Terra, sul Cielo e sugli Inferi. Sorella di Apollo, dea vergine come Athena e Estia, Artemide, con il suo epiteto di ‘Trivia’, è uno dei più antichi tra i dodici dei dell’Olimpo greco, e, per Pirandello, la base ottimale per esprimere la molteplicità dell’io.
La studiosa, nella sua analisi della Protagonista femminile illustra poi il ruolo della Prima attrice nel teatro pirandelliano:
Siccome il ruolo della Primadonna è il più metamorfico per un’attrice, è proprio in questo che Pirandello può travasare ‘i molti nomi’ della dea eletta […]. L’abilità trasformista della Primadonna ideale travolge gli schemi fissi dei ruoli, di fatto abolendoli, tramite le molteplici vestizioni mitiche 11.
La creazione riflessiva, secondo l’interpretazione critica di Rosaria Lo Russo, illumina e chiarisce quindi il fenomeno della fluidità femminile nel corso della sua esistenza, idealizzato da Pirandello secondo il doppio processo della partenogenesi divina (panthènos) e dell’isolamento iniziatico femminile-lunare (parthenía).
Anche la dea Athena-Minerva può essere fonte della matrice mitica, in quanto creata partenogeneticamente da Zeus-autore. In particolare, il binomio Zeus/Athena rappresenta per Lo Russo la dialettica pirandelliana padre/figliastra, dove il padre è l’autore della partenogenesi mentale della donna libera in quanto artista. Il passaggio successivo è il binomio autore/personaggio femminile protagonista e, di riflesso, per ulteriore abisso metonimico, il rapporto capocomico/attrice protagonista.
Poiché ogni sentimento umano che interessa Pirandello è rappresentato da un personaggio, ciascuno di essi — come evidenzia la saggista nell’opera Sei personaggi in cerca d’autore — diviene più reale e consistente di una persona vera, specie se rappresentato da interpreti che gli prestano il corpo e la voce. In particolare, spiega l’autrice, il creatore-autore per la figura femminile, ha bisogno di personificare i suoi concetti-matrice in due personaggi o in un unico che si evolve: ‘una e due’. Se l’autore è una donna, nella concezione pirandelliana, per mantenere viva la sua vena creativa, essa dovrà rinunciare all’impaccio della maternità, e come potrebbe non essere così — rifletto con Lo Russo — visto che il ruolo concreto del padre naturale per Pirandello è considerato irrilevante e quello della madre naturale comprometterebbe l’integrità della donna come persona? In molte opere dello scrittore assistiamo allora alla concezione della donna artista geniale, ma quasi virilizzata, distante e frigida, perché ha rinunciato non solo alla maternità naturale, ma anche alla sessualità.
Non a caso, chiarisce Rosaria Lo Russo, Pirandello attinge al duplice mito partenogenesi/partenía: la prima, in quanto nascita senza l’intervento della sessualità, la seconda, quale creazione al di fuori della struttura sociale famigliare tradizionale. In tale concezione, aggiungo, così come l’uomo non può accedere alla gestazione, se non nella sfera spirituale-razionale, la donna non può accedere al lato creativo, se non rinnegando il ruolo di madre naturale e la propria corporeità, ma l’esito paradossale di questa concezione pirandelliana sarà che, in tal modo, l’uomo stesso finirà per esserne privato, in una circolarità perversa.
Il mito lunare dell’arte per Luigi Pirandello è dunque liberazione dell’artista dai gravami della corporeità, lancio di uno sguardo estatico nell’abisso rovesciato del cielo, e, contemporaneamente, di uno sguardo sarcastico verso i limiti umani in senso lato. L’estasi, così come illustrato nel terzo capitolo del citato saggio di Rosaria Lo Russo, La protagonista in scena, è ottenuta attraverso il moltiplicarsi all’infinito dell’io, oppure utilizzando la follìa trasfigurante e metamorfosante — allegorizzata dalla cavalcata rituale evocata da Ecate Trivia — capace di trasformare la donna artista nella donna ignota, lontana e, metaforicamente, assassina degli affetti.
L’immagine di donna distante è quella dell’Eletta che Pirandello volle riflettere non solo nel personaggio della Protagonista, ma anche nell’attrice che la impersonava: la Primadonna sostenuta allegoricamente dal mito delle dee fuse in ‘sizigia’ Artemide-Athena. Nell’analisi critica di Lo Russo, tale figura si evidenzia, come accennato, un elemento letterale nel corpus poetico e narrativo di Pirandello, e allegorico nei drammi e nelle tragedie. In queste ultime infatti, l’attrice protagonista, come se fosse una medium, si troverà a scegliere di rinunciare alla propria personalità, perdendo sé stessa nell’interpretazione del personaggio creato per lei dall’autore.
Nella tragedia I giganti della montagna, per Lo Russo, confluiscono e si riassumono i modelli mitopoietici pirandelliani in quel viaggio estatico della Protagonista, vissuto nello scenario lunare, al seguito delle anime del Purgatorio, ma anche nel mito della creazione spirituale che si realizza nel momento in cui il personaggio si materializza nell’interprete. La sintesi dei due miti, per Lo Russo, rappresenta la liberazione del sé nella mattìa del sogno o nella follìa estatica.
La discussione
In La protagonista di Pirandello, Rosaria Lo Russo ha trovato, a mio parere, la chiave di lettura determinante per rendere comprensibile la complessità dell’opera pirandelliana, organizzando e esprimendo le informazioni tratte da una lettura completa, accurata e approfondita, secondo le matrici mitologiche e i modelli comportamentali più appropriati. Inoltre, la saggista ha analizzato la complessa poetica messa in atto da Pirandello muovendosi essa stessa sull’orlo dell’‘abyme’, con incursioni all’interno, ma garantendo la chiarezza dello sguardo e del linguaggio, e proiettando sull’opera pirandelliana un inedito ma non miope punto di vista femminile. Da questa angolazione, Lo Russo ha rivitalizzato una parola marginalizzata, quando non ignorata o posta in ombra, forse perché considerata non oggettiva.
Nel merito, la saggista ha studiato non solo il contesto, ma anche la personalità di Luigi Pirandello e la sua evoluzione nella scrittura, delucidando ogni ragionamento e tesi critica, senza lasciare dubbi sull’interesse profondo dell’autore per la personalità o per il ruolo sociale della donna e, in particolare, per le sfaccettature che il ruolo di madre e il talento di artista implicano.
Rosaria Lo Russo dimostra, attraverso l’uso di analisi circostanziate e di sintesi motivate e suggestive, che la prospettiva critica assunta per le indagini sull’opera pirandelliana, dagli anni Ottanta del Novecento, non è né l’unica possibile né del tutto oggettiva. Il parlare del ruolo della madre, talvolta con distacco critico, altre volte con atteggiamento reverenziale, esaminando spesso una parte limitata di opere, o un aspetto parziale dei personaggi, non è stato del tutto efficace per delineare nelle opere di Pirandello una figura credibile della Protagonista femminile, né di quella della Primadonna.
Gli studi pluridecennali di Lo Russo hanno illuminato i concetti dualistici pirandelliani senza aderirvi acriticamente, e senza rigettarli pregiudizialmente, ma lasciandone emergere le evidenti ossessioni e i vicoli ciechi. Preconcetti quali: Uomo, razionalità, doti analitiche, attività/donna, irrazionalità, sentimentalismo o umoralità, passività sono solo alcuni, tra i più noti, di cui troviamo esempi nell’opera pirandelliana e così difficili da abbandonare ancora oggi. La poetessa dimostra altresì che la postura rivolta verso una analisi della figura femminile che la presenti come mitizzata o ‘folklorizzata’, come è stata assunta in certi studi di genere, ha dato origine a concezioni distorte della femminilità, legate a modelli identitari non sempre fondati storicamente o sul sentire condiviso, e che sostengono nella percezione comune una visione della donna libera, ma isolata, ignota, diversa, a tratti inquietante: in realtà pericolosa solo per sé stessa, se pensiamo ai drammatici suicidi delle artiste. Con sguardo centrato e lucido, Rosaria Lo Russo lascia così alle future ricerche pirandelliane dei riferimenti essenziali.
Considerazioni conclusive
Sul finire degli anni Venti del Novecento, prima che si esprima del tutto la sua ossessione per la Primadonna, Pirandello mette in scena la tragedia Diana e la Tuda, dove appare consapevole dei meccanismo psicologici con cui le due protagoniste sono entrambe manipolate; con amara autoironia, le descrive sacrificate all’ossessione dello scultore, simboleggiante l’autore stesso da giovane. Lo scultore-artifex, nella costruzione dell’opera perfetta, vorrebbe che la dea Diana, si materializzasse nella scultura ideale, ossia per passaggio metonimico nella figura della modella e quindi, per ulteriore riflessione, da parte di Pirandello, nella Protagonista-Primadonna della tragedia. L’alter ego dello scultore, ossia l’ex scultore anziano, farà giustizia, impedendo che la gelida opera immortale trionfi. L’esito della tragedia rende quindi plausibile la tarda consapevolezza in Pirandello che la personificazione allegorica — spinta fino alla spietata materializzazione della figura mitica nell’attrice Primadonna e diva — porta al sacrificio dell’interprete stessa, pur se l’intento nobile del drammaturgo prefigurava la liberazione dell’artista dalle costrizioni e dagli stereotipi borghesi. Infatti, conclude Lo Russo,
Se il personaggio ‘per’ la Primadonna coincide con il personaggio ‘della’ Primadonna, Dea e Primadonna sono un’unica ’dramatis persona’. Ma una volta caduto il velo che copriva la statua di Diana […] la rivelazione della dea ispiratrice, fredda, immobile e definitiva come ogni essenza, pareva condannare a morte la scrittura, perché ne esauriva lo scopo svelandone il movente, e decretava anche l’esaurimento del senso del rapporto creativo dell’autore con la musa viva, con la figura della Primadonna vagheggiata sin dagli ardori teatrali giovanili per l’adorata Duse […] si aprirà per il drammaturgo-regisseur quel che giustamente D’Amico ha chiamato il “vuoto degli anni Trenta” 12.
Lo sguardo originale e ampio di Rosaria Lo Russo ha puntato, come accennato in precedenza, non solo quindi sul farsi dell’opera pirandelliana, ma anche sull’evoluzione della personalità dell’autore, con il passare degli anni. Nello svolgersi graduale della tecnica del critico fantastico, lo scrittore e drammaturgo ha raggiungimento infatti notevoli acutezza e profondità, ancorché appoggiate allo sbriciolamento dell’io e, in definitiva, all’‘abyme’.
Scrivere un testo sull’analisi del metodo compositivo del critico fantastico e sulle sue matrici mitologiche e allegoriche, con elementi che finiscono per sfiorare sia la biografia dell’autrice degli studi, che quella dell’autrice del presente testo — in quanto madri naturali e al contempo artiste — ha tutte le caratteristiche di una mise en abyme non programmata, non ricercata, ma forse inevitabile, e, soprattutto, parte integrante di una visione contemporanea multilaterale e multicentrica che, mi piace pensare, Pirandello stesso avrebbe apprezzato.
Note biografiche
Rosaria Lo Russo, poeta, performer, traduttrice, saggista, è nata a Firenze, dove vive, nel 1964. Si è laureata in Lettere Moderne presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze, discutendo una tesi in Storia dello Spettacolo dal titolo “La protagonista di Pirandello. Miti, personaggi e ruoli”, vincitrice nel 1992 del “Premio Nazionale Luigi Pirandello” bandito dal Centro Nazionale di Studi Pirandelliani di Agrigento.
Per la poesia ha pubblicato in volume: L’estro (Cesati 1987), Vrusciamundo (I quaderni del Battello Ebbro 1994), Comedia (Bompiani 1998), Penelope (d’if 2003), Lo dittatore amore. Melologhi (Effigie 2004, già Premio Antonio Delfini 2001), Io e Anne. Confessional poems (d’if 2010), Crolli (Le Lettere 2012, precedentemente con Battello Stampatore 2006), Poema (1990/2000) (Zona 2013), Nel nosocomio (Effigie 2016), con Daniele Vergni il libro con mediometraggio in dvd Controlli (Millegru 2016, Premio Elio Pagliarani 2017), Anatema (Effigie 2021), Rina (Battello Stampatore 2021), Unamedea (Valigie Rosse 2021, Premio Ciampi-Valigie Rosse 2021), Tande (Vydia editore 2023, candidato al Premio Strega Poesia 2024). Ha pubblicato cinque libri di traduzioni da Anne Sexton: Poesie d’amore (Le Lettere 1996, seconda edizione riveduta e corretta 2019), L’estrosa abbondanza (con Edoardo Zuccato e Antonello Satta Centanin, Crocetti 1997), Poesie su Dio (Le Lettere 2003), Il libro della follia (La nave di Teseo 2019), Trasformazioni (La nave di Teseo 2023). Per la saggistica, in volume: Figlia di solo padre (Seri Editore 2020), La protagonista di Pirandello (Metauro 2021). Ha messo in voce la Commedia di Dante con lo spettacolo Voci in Comedia. Lectura Dantis, dal 2000 in poi e moltissimi poeti, spesso alla loro presenza, fra i quali Bigongiari, Luzi, Pagliarani, Brodskij, Caproni, Zanzotto, Szymborska, Vicinelli, Balestrini, Calogero e Rosselli (in cd e dvd ne La furia dei venti contrari. Variazioni Amelia Rosselli, a cura di A. Cortellessa, Le Lettere 2007).
Note
1 cfr. L. PIRANDELLO, Un critico fantastico, Saggi, poesie e scritti varii, Milano, Mondadori, 1960.
2 cfr. U. ARTIOLI L’officina segreta di Pirandello, Bari, Laterza, 1989, p. 164.
3 cfr. R. LO RUSSO La protagonista di Pirandello, Pesaro Urbino, Metauro, 2021, p. 16.
4 La parola ‘matrice’ e i suoi sinonimi ‘idea madre’, ‘germe’, ‘immagine’, compaiono nella saggistica di L. Pirandello. In particolare cfr. L. PIRANDELLO Un critico fantastico, Saggi, poesie e scritti varii, cit, p. 372 e L. PIRANDELLO, pref. a Sei personaggi in cerca d’autore in L. PIRANDELLO, Maschere nude, a cura di A. D’AMICO, vol. II, collana I Meridiani, Milano, Arnoldo Mondadori editore, 2004.
5 «Nella narrativa la tecnica di differimento, la descrizione d’infiniti casi, le lunghe digressioni, i personaggi ricorrenti, sono dati riconducibili al sintagma “non conclude”», cfr. R. LO RUSSO, La protagonista di Pirandello, cit. p. 16. La locuzione riprende il titolo del quarto cap. del romanzo L. PIRANDELLO Uno, nessuno e centomila, in Tutti i romanzi, Milano, Mondadori (I Meridiani), 1973, ed. VI 1984, vol II, p. 900.
6 Il termine ‘mise en abyme’ compare per la prima volta in J. M. GARDAIR, Pirandello e il suo doppio, Abete, 1977, pp.82-83. Ripresa da U. ARTIOLI, cit. pp. 6-7 e p. 29.
7 La mise en abyme come reduplicazione speculare dell’io molteplice è esemplificata efficacemente nella novella In corpore vili, in Novelle per un anno, Milano, Mondadori (I Meridiani), 1987, vol. II, p. 828, dove, oltre ad assistere al raddoppiamento e allo sdoppiamento fra il protagonista, il parroco Don Ravanà e il suo doppio, il sagrestano Cosimino, si trova esplicitato il meccanismo sadico, quanto sublime, della incarnazione del personaggio agente nell’agito; meccanismo che scatena altresì. l’umorismo, mediante il distacco del sarcasmo.
8 Per il rapporto tra il romanzo monologico e il romanzo polifonico cfr. M. BACHTIN Estetica e romanzo Torino, Einaudi, 1979, in G. DI GIACOMO Estetica e letteratura, Roma-Bari, Laterza, 1999, ris. V 2015, p. 147.
9 cfr. M. BACHTIN Estetica e romanzo, ibidem.
10 ‘madre per la morte’ è l’appellativo con cui Pirandello chiama la madre naturale in pref. a Sei personaggi in cerca d’autore, cit.
11 R. LO RUSSO, Donna Luna e il figlio cambiato. Mitopoiesi, scrittura e drammaturgia ne La vita che ti diedi, in «Il castello di Elsinore», VII, 1994, n. 19. Cfr. R. LO RUSSO, Figlia di solo padre, Sulla tragedia (Trittico pirandelliano), Macerata, Seri editore, 2021, p. 28.
12 R. LO RUSSO La Primadonna e la Dea, Atti del Convegno Internazionale «La scrittura e l’assenza: Le lettere di Pirandello a Marta Abba», Università degli Studi di Torino, 6/7 maggio 1999. Cfr. R. LO RUSSO, Sulla tragedia (Trittico pirandelliano), in Figlia di solo padre, cit., p. 90.