
il verri n. 82 – giugno 2023
“Eliot dopo Eliot”
Rosaria Lo Russo
Mister Eliot e Anne Sexton
Il mio Sweeney, Mister Eliot, è quell’australiano venuto in America con in mente un pensiero solo: i miei libri in saccoccia, il mio nome ed un’unica domanda alla dogana: è ancora viva la Sexton?
Inizia così Sweeney, una delle prime poesie di The Book of Folly. 1972, Anne è all’apice della sua carriera di poeta performer, è una diva maledetta le cui prestazioni pubbliche sono strapagate e che riceve migliaia di fan letters. Ma non solo lettere. Ha un ammirato- re australiano che la inonda quotidianamente di rose, nella stanza di albergo a New York, dove soggiorna lungamente per assistere alle prove della sua produzione teatrale off Broadway, Mercy Street. Sexton è poeta e drammaturga, poeta e attrice, anzi perfor- mer; si esibisce anche con il suo gruppo musicale Anne Sexton and Her Kind.
Poesia come follia e poesia come teatro: è Mister Eliot il modello letterario per confessare pubblicamente il gesto verbale di una poetica che dal monologare confessional in versi chiusi, con orien- tamento piuttosto lirico, si sta trasformando in una drammaturgia in versi liberissimi, sta virando nella forma monologo-sermone che pervade la poetica ‘religiosa’ degli ultimi libri della poetessa bosto- niana, dove l’alter ego performativo Ms Dog/God (Madonna Cagna) è capovolgimento palindromico parodico grottesco della Poe- tessa Musa e della donna angelicata della lirica occidentale, di una donna già postuma in vita, la “cagna suicida” che intitola un lungo sermone al celeberrimo annuncio del secondo movimento de La terra devastata, Una partita a scacchi: Hurry up please it’ s time.
Veloci, per favore, si chiude! Madonna Cagna è là a battersi per i dollari è lì che si rotola in un campo di verdoni. Ce l’hai fatta se prendi l’ostia, prendi un po’ di vino e un po’ di quattrini e la verde cartacea canzone dell’ufficio. Che aspic potrebbe farci lei, pezzi da cinque, da dieci, da venti, un bel pastone da dare alla bimba. Andrew Jackson per antipasto, lallallà. Vorrei essere la Zecca di Stato per sfornarli di tutti i colori, verde tartaruga, nero monaco. Chi è quella al leggìo, bianco-e-nero vestita, che che farfuglia al microfono? Madonna Cagna. Sta vuotando il sacco? Certo, sicuro, se no tossicchiano... Il giorno scivola via, perché sto qua fuori, cosa vuole la gente? Sono piena di tristezza a novembre... (ma no, non vogliono quella, vogliono l’estro). (...)
Anne Sexton era maestra nel mandare in vacca l’aulico e poppizzare qualsivoglia cenno a riferimenti letterari classici ancorché contempo- ranei come i sacri testi modernisti di Eliot, e della Waste Land cita esplicitamente la zona testuale più plebea e teatrale. Ma i riferimenti al denaro e alla profanazione del sacro rivelano affondi più nascosti e efficaci della poetica di Mister Eliot nella poesia di Anne Sexton.
(da Anne Sexton, Poesie su Dio, a cura di Rosaria Lo Russo, Le Lettere, Firenze 2003; per la questione del nome palindromo Ms. Dog/God v. postfazione)