di Cristina Babino.

Su Urlo, n 118 – gennaio 2005

SEQUENZA ORANTE IN COMEDIA (Bompiani, 1998) PENELOPE (Edizioni d’If, 2003) di Rosaria Lo Russo



C’è chi insegna. E chi ammaestra. Rosaria Lo Russo ammaestra dalle sue scarpe rosse, alte sul nero del vestito, feroci agli occhi come l’ultimo Mirò. E il 4 novembre scorso, la Sala della Specula della Biblioteca Mozzi-Borgetti di Macerata si e trasformata per la prima serata della “Tribù dalle pupille ardenti” – la bottega di poesia ideata da Alessandro Seri – nell’antro di una circe che se-duce senza pozioni, ma col solo incantesimo della voce. Anzi, delle voci che, vibrando, si sollevano dal testo scritto. Voci di donne. Voci spiegate e spietate. Monologhi. “Melologhi”. Composizioni ritmiche scandite al loro interno da schemi e gli espedienti propri della poesia, pregne di una metrica severa e meditata, fatta di allitterazioni e da un repertorio sconfinato di figure retoriche. Prose poetiche che arrivano a perdere la scansione in versi per scivolare in un fluire di liquide vivissime sonorità. Rosaria Lo Russo legge con la monotonia mossa e ineguale delle onde marine, in un rifluire regolare che contagia anche il corpo, come governato da un metronomo interno a scandire i movimenti del diaframma, della lingua, delle spalle. Così, se l’estasi mistica di una santa posseduta di Spirito esplode nel testo scritto di violenta sensualità, la lettura della Lo Russo le restituisce la cadenza e l’atmosfera medievale di un canto cenobitico, attraversato dalla voce recitante nelle trame strette e conchiuse del monologo offerto dalla protagonista: “(…) bisogna che approfitti della notte vedi come marea divento e mi dilato e mi dilato e posso ritirarmi come marea divento vedi le gambe all’aria io sia riversata io sia infine Regina spodestata! E allora mi attraversò, e mi toccò tutta, e mi abbraccio.” * Mentre il lamento di Penelope si trasforma nell’insurrezione di una sposa che rifiuta fiera e sfacciata il ritorno del marito: “Da vent’anni pattuglio questa casa ammogliata / rimasuglio di sposa obnubilata (…)/ Ma se tu ritornassi sotto mentite spoglie di figlio divino viandante bisognoso (…) mi sa che giro il culo e me ne vado mi sa che non ti riconosco.” E’ ciò che Rosaria Lo Russo definisce la “festa ba-rocca” della voce recitante: farsi possedere, incarnandole, dalle voci che hanno generato il testo, che lo abitano e lo animano, e che rimangono sopite, ibernate nell’orizzontalità inesorabile della parola scritta. La lettura ad alta voce diventa cosi un esercizio di “verticalizzazione della giacenza della scrittura”: non una recitazione, dunque, che presuppone una libera interpretazione, ma la restituzione della “perduta tridimensionalità orale” del testo scritto, che diventa lo spartito cui il lettore deve attenersi per recuperare, senza distorcerli, i contenuti polisemici della poesia, suggeriti dalla scansione in versi e strofe e dal “layout” della pagina scritta. Un procedimento laborioso, meditato, artigianale, un esercizio inesausto di sillabazione e dissezione delle strutture ritmiche e foniche del testo, alla ricerca del suo senso oggettuale di manufatto originariamente parlato, inevitabilmente musicale.”Il fine ultimo di ogni atto poetico – spiega la Lo Russo – è il suo ritmo”. Nata a Firenze nel 1964, poetessa tra le più affermate in Italia, lettrice-performer, attrice, prolifica saggista e traduttrice di autrici quali Anne Sexton, Sylvia Plath e Erica Jong, Rosaria Lo Russo e da tempo impegnata come docente di corsi di lettura ad alta voce e di laboratori di poesia. Un approccio al testo poetico lontano dalla solita didattica della scrittura creativa, e sciolto dalle briglie dell’accademia, seppur rigoroso: qualcosa di più simile semmai alla genuinità dell’esercizio maieutico, alla ricerca della poeticità presente, ma spesso na-scosta, nel testo letterario. E, potenzialmente, in ognuno di noi.



ROSARIA LO RUSSO, UNA POETESSA “AD ALTA VOCE”

Rosaria Lo Russo collabora con musicisti e compositori per la realizzazione di spettacoli-concerto di poesia: in essi lo spettattore partecipa a una specie di festa barocca animata dalla voce recitante, con la parola scritta che si materializza in performance poe-tica. Una poetessa “ad alta voce”, insomma, che vive a Firenze e da anni annovera una lunga serie di saggi e testi critici apparsi su riviste specializzate di letteratura, letteratura comparata e storia del teatro e dello spettacolo. Ha pubblicato, tra le altre, le seguenti opere poetiche: L’estro (Cesati, 1987), Vrusciamondo (I Quaderni del Battello Ebbro, 1994), Co-media (Bompiani, 1998), Dimenticamiti Musa e me stessa (Ed. Canopo, 1999), Melologhi (E.Mazzoli), Penelope (Edizioni d’If, 2003), Lo Dittatore Amore (Effigie, 2004). Come traduttrice ha curato le seguenti opere di Anne Sexton: Poesie d’amore (Le Lettere, 1996), L’estrosa abbondanza (Crocetti, 1997), Poesie su Dio (Le Lettere, 2003). Come lettrice e performer di testi propri e di autori contemporanei ha col-laborato, tra gli altri, con: Piera degli Esposti, Mario Luzi, Giorgio Caproni, Erica Jong. Ha curato per diverse trasmissioni televisive e radiofoniche rubriche e spazi dedicati alla poesia.

Rosaria Lo Russo. Una poetessa ad alta voce – di Cristina Babino